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Intonaci
Estratto videointervista a Marino Piemonte, impresario edile di Buja (Ud) su: utilizzo della sabbia del Tagliamento per intonaci (2013).
Sabbia
Spiega nel suo testo del 1886 Luigi Bagutti: “La sabbia può essere di fiume, di torrente, di cava o di mare. Quella dei fiumi è migliore, perchè più pura e priva di materie terrose. La qualitàigliore èa silicea, molto pesante e ruvida al tatto e non mischiata con terre. [...] La sabbia di mare va rifiutata perchè carica di sal marino, per cui pregiudicherebbe di molto i muri ove venisse adoperata” (Luigi Bagutti, Manuale pratico del perito misuratore ad uso dei giovani geometri utile agli imprenditori ed assistenti alle costruzioni, Milano, Giuseppe Galli Editore Libraio, 1886, 6° edizione, p. 114).
Cjaradôrs - I carradori
Nella memoria popolare i carradori sono stati gli uomini che "lavin a cjoli la glerie". La ghiaia del letto del fiume veniva caricata sul carro adattato con una doppia cassa che non superava il cubo. Giunti a destinazione, il contenuto veniva rovesciato con la binte, nei pressi del cantiere. Trasportavano i materiali piùersi: ghiaia, ciottoli, sabbia degli alvei dei fiumi, il legname dalla montagna, i mattoni delle fornaci e il cemento di Cividale raggiungevano i cantieri con i carri trainati dai cavalli. Due erano i tipi di ghiaia trasportata: quella di fiume - preferita per le costruzioni - e quella di cava - per le strade. Intere famiglie, per generazioni, hanno svolto questo mestiere che permise l'economia di scambio in un Friuli dove la viabilitàra precaria: in ogni Comune avevano in appalto la manutenzione delle strade. A Fagagna, nel 1921 a svolgere tale ruolo vi erano due famiglie: quella di Domini Pietro e dei fratelli Rosso (Arduino, Querino e Mario). Negli anni successivi si aggiungono i fratelli: Ziraldo Ernesto (Zan) ed Alfredo, Pilosio Quirico, Federico, Angelo ed Elio, e infine Ziraldo Rinaldo (Mortean) ed Enzo (Gnin). Simbolo di questo mestiere era la "scorie", una frusta fatta di legno e cuoio con in cima un nastro di seta detto "floc", solitamente di colore giallo che con i suoi schiocchi guidava i cavalli lungo la via mentre il carradore la agitava. Per frenare il carro in discesa, il guidatore azionava un freno a mano chiamato .martinicca. o in alternativa anche un bastone, che metteva fra i raggi delle ruote facendo in modo che la punta facesse attrito con il terreno. Venivano rigorosamente utilizzati cavalli da tiro, e i migliori erano quelli del Cragno o della Carinzia. Non si trasportavano solo materiali, ma anche persone. Operai, braccianti e anche pellegrini, che una volta all'anno si recavano nei santuari di Gemona e Castelmonte. (Testo a cura del Museo della Vita Contadina "Cjase Cocèl di Fagagna, per la Mostra Muradôrs a Feagne, 2014).
La tradizione decorativo-pittorica della “scuola gemonese”

Da sempre in bilico fra la dimensione artistica e quella artigianale, le tecniche decorativo-pittoriche hanno avuto largo impiego in edilizia, soprattutto quella civile e religiosa.

Nel vasto panorama italiano, patria di tradizioni decorativo-pittoriche di assoluto rilievo, Il Friuili vanta l’esistenza di una tradizione di artigiani pittori e decoratori che merita di essere documentata e valorizzata.

La nostra Regione è nota, a tal proposito, per i preziosi contributi all’ampio panorama artigianale e artistico della decorazione e dell’affresco attraverso figure quali Giovanni Antonio de Sacchis (detto il Pordenone, dalla città in cui nacque), decoratore ufficiale della basilica di Aquileia agli inizi del XVI secolo, e Giovanni Battista Tiepolo, veneziano di nascita, che nel corso del Settecento realizzò in Friuli capolavori artistici come gli affreschi della cappella del Santissimo Sacramento nel Duomo di Udine, gli affreschi del Castello della città e del Palazzo Patriarcato.

Tuttavia, la presenza di artisti d’eccellenza e di opere di rilievo per l’arte italiana quali quelli appena menzionati può mettere in ombra una interessante, seppur minoritaria, espressione della tradizione della decorazione, della pittura e dell’affresco in Friuli, quale quella della cosiddetta “scuola gemonese”.

Gemona

Una fiorente tradizione decorativo-pittorica si sviluppò infatti a partire dalla cittadina di Gemona durante la seconda metà dell’Ottocento. Le numerose ed esperte botteghe di Gemona specializzavano allora nelle tecniche pittoriche e decorative gli allievi della locale Scuola d’arte. Questi allievi apprendevano il mestiere sulle impalcature accanto ai loro maestri impegnati nella realizzazione di affreschi, e in seguito trovavano ulteriori occupazioni, soprattutto all’estero.

Il Friuli era infatti terra d’emigrazione oltralpe, e non fecero eccezione questi decoratori che nella seconda metà dell’Ottocento e fino allo scoppio della I guerra mondiale intrapresero i percorsi migratori verso diverse località dell’Impero Austro-Ungarico per affrescare chiese, edifici pubblici e privati. Si noti che in Stiria, Carinzia, nell’attuale Slovenia e in parte in Croazia questi artisti-artigiani friulani (appartenenti ad alcune famiglie gemonesi, come i Fantoni, Bierti, Brollo, Elia, Gurisatti) specializzati nella decorazione di chiese ma anche di palazzi pubblici e privati, conquistarono il monopolio della pittura ecclesiastica (termine utilizzato nel 1937 da Lodovico Zanini, autore di “Friuli migrante”) (cfr. "Pittori emigranti nell’impero e l’artista Giuseppe Barazzutti" di Franca Merluzzi, in Giuseppe Barazzutti. La bottega d'arte, autori Franca Merluzzi, Raffaella Cargnelutti, Gabriella Bucco e Gian Paolo Gri).

Come dicevamo, qui nel 1863 era stata istituita una Scuola d’arte, che garantiva ai propri allievi specifiche competenze nel campo del disegno ornamentale e geometrico. Frequentata anche dal giovane Raimondo D’Aronco, nel 1884 divenne “Scuola d’arte applicata all’industria”, con un numero maggiore di corsi rivolti al più vasto territorio limitrofo. Si formò qui una schiera di impresari edili, assistenti di cantiere, stuccatori, scalpellini, scultori in marmo, intagliatori, mobilieri, meccanici, pittori decoratori, che per la maggior parte intrapresero temporaneamente la via dell’estero.

Attorno all’esperienza di questa istituzione scolastica, e delle numerose botteghe che operavano nella cittadina, si consolidò quindi una tradizione pittorica che fu di pittori-artigiani, più che di artisti, come sottolinea Franca Merluzzi nel suo studio. E alle competenze tecnico-artigianali è necessario dedicare dovuta attenzione.

Alla base di tale declinazione della decorazione esiste un corpus di conoscenze tecniche (sui materiali per la realizzazione degli intonaci e per la pittura, sulle condizioni ambientali per un corretto realizzo dell’opera, sulle conoscenze tecniche per la stesura dell’affresco, ecc.) che sono date dalla lunga familiarità con le tecniche di mestiere. Per fare un esempio, pensiamo alle capacità degli artigiani decoratori di riconoscere la qualità dei materiali decorativi già a partire dalla localizzazione territoriale della loro provenienza: guidata dallo sguardo, l’esperienza porta i maestri artigiani a saper dire, senza indugio, quali sabbie del Tagliamento garantiscono la migliore resa della base per l’affresco, e la conoscenza dei luoghi porta loro a indicare addirittura quali anse del fiume possono garantire una produzione minerale di tale qualità e natura.

Sono questi saperi non codificati, “non ufficiali”, frutto dell’esperienza e tramandati attraverso l’imitazione e la comunicazione orale a necessitare oggi di un recupero, documentazione e valorizzazione.

Vetro

“Il tecnico è [...] padrone della civiltà perchè è padrone delle arti del fuoco. Dal focolare (che alcuni secoli di ceramica gli hanno insegnato ad adoperare) esce lo stucco, e poco dopo il rame e il bronzo. Dalle scorie e le loppe, residui della lavorazione dei metalli, ha origine il vetro” (Andrè Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, vol. I “Tecnica e linguaggio”, Torino, Einaudi, 1977, p. 209).

“I vetri si distinguono in comuni, in smerigliati, a colori, in lastre, in lastroni e in cristalli, e si suddividono in varie qualità secondo la loro grandezza e finezza” (Luigi Bagutti, Manuale pratico del perito misuratore ad uso dei giovani geometri utile agli imprenditori ed assistenti alle costruzioni, Milano, Giuseppe Galli Editore Libraio, 1886, 6° edizione, p. 133).



La Cassa Edile ha prodotto per il Museo un Documentario sull’edilizia friulana dal titolo:

A portata di mano.
Volti, luoghi, storie del mestiere.

Realizzato da Nikam Immagine Video, Udine (2014), a cura di Paolo Comuzzi, Andrea Trangoni, Sabrina Tonutti. Il documentario si articola in una serie di video-interviste a lavoratori, imprenditori edili, insegnanti e Direttori di istituti aventi a che fare con l’edilizia friulana. Le tematiche più salienti affrontate sono: la trasmissione del sapere di mestiere ai giovani; come è cambiato il settore edile nel giro di mezzo secolo; l’emigrazione in edilizia; l’evoluzione tecnologica e normativa; storie personali di mestiere; storia delle fornaci; edilizia idraulica; la lavorazione della pietra; il mosaico; la prefabbricazione; tecniche e materiali in edilizia. Oltre alla video-interviste il documentario propone riprese video realizzate ad hoc e una ricca selezione di materiale filmico/fotografico d’archivio.


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