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“Lievi mani su sterminate voragini ordiscono lunghi lunghi ponti...”

(Guido Ceronetti, Insetti senza frontiere. Pensieri del filosofo ignoto)

 
“Sui cantieri si trovano uomini interessanti, sbattuti, di passaggio, marinai spiaggiati per sempre”

(Erri De Luca, Tre cavalli, p. 17)

 
Cantieri, fra Pratiche, Saperi, Simboli e Riti
Costruire, edificare, fondamenta, struttura, architrave, pietra angolare...

...sono alcuni dei termini che il nostro repertorio culturale ha preso a prestito dall’edilizia, traslandoli dalla fisicità dei cantieri a supporto delle elaborazioni simboliche. Sono, questi, termini ed elementi “forti”, densi, proprio perchè capaci di esprimere e veicolare di per sè idee, significati, evocazioni, qualità e proprietà intrinseche.
Storicamente, uno dei prestiti più cospicui e significativi è quello avvenuto a vantaggio della massoneria (si pensi al termine inglese “freemason” (massone) che deriva proprio da “mason” (muratore), che dalla tradizione edile ha attinto strumenti di lavoro (squadra, compasso, livella, filo a piombo, mazzuolo, scalpello, cazzuola), figure professionali (muratore apprendista, operaio e maestro), oltre a considerarsi l’erede delle corporazioni di muratori del Medioevo, e in particolare depositaria del patrimonio di conoscenze iniziatiche dei costruttori delle cattedrali.
Cantieri
Cantîrs

cuant ch'i passi a pît
devant a un nôf cantîr
curiôs i cjali denti
se a 'nd è fraseas enfra las breas
o balconetas tas spaltadas
e i mi jôt dapît fantat
in fonts das fondas
a segnâ plintos e mûrs
a travuardâ cul livel
a controlâ fiers e betons
e no simpi ridint
a trai devôr ai arabos
blestemas par cjargnel

Bosco della Ficuzza, 03.07.1992 RSV, 25.12.1992
Cantieri

quando passo a piedi
davanti a un nuovo cantiere
curioso guardo dentro
se ci sono fessure tra le tavole
o finestrelle nella staccionata
e mi vedo in fondo giovanotto
giù sulle fondazioni
a tracciare plinti e muri
a traguardare col tacheometro
a controllare ferri e calcestruzzi
e non sempre ridendo
a imprecare dietro agli arabi
bestemmie in carnico
Il cantiere per antonomasia è quello di Babele...

La Torre di Babele di cui narra la Bibbia rappresenta l’opera dell’orgoglio umano, che tenta di alzarsi fino alla divinità ed è causa di punizione divina. Essa è anche simbolo della confusione. L’iconografia di Babele è variegata, nei secoli, ma con una costante: la torre è rappresentata come un cantiere in opera, in cui si possono scorgere figure edili al lavoro, nelle loro specifiche attività, attrezzi, fasi costruttive, materiali, quasi dandoci la possibilità di aprire un varco temporale e osservare un cantiere reale del passato.
I Riti del Mestiere
Se, da un lato, il mestiere edile appare tanto denso di pragmaticità da non lasciar spazio ad alcuna divagazione rituale, dall’altro, invece, esso presenta degli aspetti rituali e simbolici estremamente interessanti: si pensi all’importanza che hanno, nello scandire la realizzazione di un’opera, il getto delle fondamenta, la posa della prima pietra, la costruzione del tetto, nonchè il momento conclusivo dei lavori.

Le Fondamenta

Gettare le fondamenta di un edificio è un atto talmente immediato nella sua espressione simbolica positiva, rimandante ai concetti di solidità, concretezza, sicurezza, affidabilità, da rappresentare per antonomasia altrettante azioni fondative dell’esperienza umana (a base morale, sociale, culturale, economica, e così via), con tutto il corollario di espressioni che quotidianamente usiamo per riferirci a esse.

Ma notiamo anche che gettare le fondamenta di una costruzione, letteralmente, riveste una tale importanza non solo strutturale e pragmatica, ma anche rituale da richiedere particolari attenzioni nello svolgimento di questa fase.

Ci sono state riportate notizie circa una diffusa consuetudine a condurre semplici rituali in occasione della realizzazione delle fondamenta delle case in costruzione. Momento fondativo, questo, che segna un inizio, della costruzione sì, ma anche nella vita di chi andrà ad abitare in quella casa, e con essa (e in essa) trascorrerà tempi e giorni che si vuole sorgano sotto i migliori auspici. Come ogni inizio, anche questo richiede che il momento di passaggio sia sancito da un evento, da un rituale, anche semplice, che lo segni in modo positivo.

L’inserimento negli angoli delle fondamenta di alcune monete, in segno auspicale di abbondanza, o di un rametto di ulivo benedetto, o, ancora, di immagini di santi e della Madonna, a protezione della casa e dei suoi abitanti, sono fra le pratiche ricorrenti, anche in tempi a noi molto vicini.
Posa della prima pietra

La posa della prima pietra genera rimandi simbolici per molto versi simili a quelli evocati dal getto delle fondamenta. E’ un momento di inizio, di apertura di un ciclo, da celebrare ritualmente. E l’edilizia ne ha ben codificato i modi.
Arrivare al tetto: alzare una frasca o issare una bandiera

La realizzazione della copertura segna la conclusione dei lavori di struttura di un edificio, lavori che si avviano verso la conclusione. Anche qui, alcuni gesti a condivisione sociale segnalano il risultato raggiunto. La frasca di albero che viene portata ed esposta sul tetto o, al suo posto, una bandiera, sono marcatori di tale evento conclusivo. L’albero ben si presta a tale funzione, veicolando una serie di significati attinti dalla dimensione vegetale cui appartiene: albero come forza vitale, che stagione dopo stagione si rigenera, cresce, rinnova chioma e colore, elemento che unisce terra a cielo, e che qui, sul tetto concluso, rende il cielo un po’ più vicino...
Licôf : il rito di conclusione, all’insegna della convivialità.

“Licôf (licòuf, lecôf, incòuf, lincùef) è una bella parola friulana; bella e antica, documentata da almeno 700 anni. La si ritrova, per le prime volte, sulle carte friulane del Trecento che elencano le spese di istituzioni pubbliche, corporazioni e confraternite di mestiere. (...) la parola non è di origine friulana, ma presa in prestito dall’antico tedesco. Viene da Wînkouf, Lîdkouf, poi in tedesco Leikauf: il termine aveva una valenza giuridica e designava il vino (di mele, anche; il mosto) acquistato per il brindisi che concludeva in maniera formale la sottoscrizione di un affare” (Gian Paolo Gri, Licôf. Riti, mestieri (e poeti), 2009, pp. 13-14).
Licôf

un peçut tajât di fresc
al trimula inflochetât
braurôs ben che inclaudât
sul colm dal tet

sot cidin par ‘na dì
il cantîr bandonât

menavuâi muradôrs
capo e paron
parincj paisans e architet
mangjin bevin insiema par ‘na dì
cjantin insiema par ‘na dì
cença sparagn cença cunfins

la vôra a è rivada insomp
tra il spiç dal colm e il cîl
il spiç dal peç

Zürich, 29.06.1992 / . /01.01.1993
Licôf

un piccolo abete tagliato di fresco
tremola infiocchettato
orgoglioso anche se inchiodato
sul colmo del tetto

sotto silenzioso per un giorno
il cantiere abbandonato

manovali muratori
capo e padrone
parenti compaesani architetto
mangiano bevono assieme per un giorno cantano assieme per un giorno
senza risparmio senza confini

l’opera è arrivata all’apice
tra la punta del colmo e il cielo
la punta dell’abete
Inizio e fine dell’attività lavorativa
Santi protettori e Processioni
A protezione del lavoro edile, nelle sue specializzazioni, vengono invocate figure religiose, come la Madonna, o Santi scelti dalla categoria. Le orgini di tale consuetudine si rinvengono informa scritta negli statuti delle confraternite di mestiere, che dei Santi loro protettori portavano il nome. In altri casi perdurano rituali, come le processioni intitolate a Santi o alla Madonna, di cui è possibile ricostruire alcune tappe storiche, come la data di costruzione dell’effige di culto, momenti di esecuzione o sospensione del rito, oltre ai vari cambiamenti che costituiscono parte ineludibile della dinamica delle tradizioni.
 
La Madonna della Salute di Avilla di Buja

di Laura Nicoloso Pitzalis

Madonna dei Fornaciai, Madonna della Salute, Madonna della Ricostruzione: in Avilla di Buja viene così invocata la Madonna che si incontra nella chiesa, incastonata tra i mattoni. Appellata in modi diversi, a ripercorrere la storia della gente di quel piccolo borgo, a connotare vicende comuni a gran parte della popolazione friulana: storie di emigrazione e di faticose ri-costruzioni non solo materiali.

Miracolosamente intatta nonostante eventi bellici e sismici. La vollero i fornaciai che a migliaia lasciavano il paese per recarsi nelle contrade dell'Impero a far mattoni: pochi capimastri (capuçàts), tanti uomini, donne e bambini, ognuno con l'umile sapere del lavoro manuale; solo qualcuno con la protervia del calcolato sfruttamento delle povertà, che faceva comunque accettabili soprusi d'ogni tipo. Un esodo stagionale a dar risposta alle esigenze del grande boom edilizio a Monaco (dopo la guerra franco-tedesca del 1870-71) (cfr. Fritz Lutz, I fornaciai friulani in Baviera nella zona est di Monaco, Chiandetti ed, Reana del Roiale (UD) 1994, pag. 28), alle richieste di un'urbanizzazione che premeva alle porte di aree urbane di un'Europa ai nostri conosciuta.

Il modon per muri portanti, le tegole a sostituire paglia. Questo il quadro in cui si ascrive la nascita del culto della Madonna dei fornaciai nella sua nota effige. Leggenda vuole gli stessi fornaciai a modellare l'argilla a dar forma alla statua (cfr. AA.VV., La Madonna dei fornaciai, Doretti, Udine 1956, pagg 5-6: “ La Madonna dei fornaciai nacque [...] dalle mani ruvide e callose di uomini costretti a lavorare costantemente nel fango [...] plasmata da mani inesperte...”). La cronaca storica (cfr. Pietro Menis, L'avventura della Madonna dei fornaciai, AGRAF, Udine 1960) mette al centro dell'iniziativa un capomastro di Avilla, tale Giovanni Ganzitti capuçat presso la fornace di Anton Graßl in quel di Haidhausen (zona sud est di Monaco). Fu Joseph Knabl (1819-1881), docente di scultura sacra all'Accademia delle arti figurative di Monaco (cfr. Pietro Menis, op. cit., pag 50, nota 2: “ Tanto l'Istituto Mayer, quanto il Knabel si servivano delle fornaci del Graßl perchè ivi avevano trovato esperti nella preparazione della terra e soprattutto nella cottura. Suscita ancor oggi stupore fra i competenti, come una massa così voluminosa, quale è la statua della nostra madonna, possa essere stata cotta così perfettamente”) a realizzare la statua; zappe e piedi nudi ne avevano raffinato l'impasto argilloso, l'occhio esperto dei fuochisti per una settimana ne seguì il processo di cottura nelle classi che “camere” del forno della fornace, dosando sapientemente combustile e calcolando temperature in base al colore della fiamma (Maria Forte, La tiere di Lansing, Tarantola-Tavoschi ed, Udine 1974).

A fine stagione 1875 in settembre, l'una trasportata da carri trainati da cavalli e per brevi tratti dal treno (nel 1875 esisteva un collegamento ferroviario Carnia - Udine; la tratta Udine-Pontebba, allora confine, venne inaugurata nel 1879), gli altri rientrati dopo lungo viaggio parte a piedi e parte in treno, uomini e Madonna si ricongiunsero alla stazione di Artegna, da dove la statua scese ad Avilla di Buja su carro messo a disposizione della famiglia Gallina Carìe. Non semplice l'iter che portò, come coralmente intenti e volontà di un intero paese avevano invocato, all'ingresso in chiesa della Statua. Per mesi essa dovette soggiornare nei sottoportici delle borgate di Avilla e Sottocolle, oggetto di continue visite e preghiere, in quel raccoglimento religioso popolare che, nella tradizione, lungo le strade della migrazione si era più volte rivolto alla Vergine (cfr. Andreina Ciceri, “La Madonute nere”, in Buje Pore Nuje n° 18, ed Giornale di Brescia 1999, pag 48).

Tanta sincera devozione indusse il Pievano a concedere il collocamento della statua nella nicchia centrale della chiesa; era dovuto passare un anno. Il 21 novembre del 1876, dedicato alla Madonna della Salute, si potè anche celebrare una messa, al levar del sole, in Avilla. Cadendo poi la ricorrenza di domenica, nell'anno 1886, la gente nel pomeriggio scese in piazza con “gran spari di mortaretti, fuochi artificiali, palco di cantori”, dando vita a quell'aspetto di sentita festa popolare, che nella “laicità” (per comprendere tale aspetto si rimanda alla lettura de “Il Crist di Quilìn”, di Riedo Puppo, in Par un pêl, ed. GEAP, Pordenone 1983, pag. 37) propria del profondo sentire religioso dei friulani, tutt'ora convive con l'aspetto ecclesiastico. La Madonna, voluta dal popolo, ad esso ancora appartiene: ne è testimonianza la processione che ogni anno si snoda lungo le strade di Avilla, Ontegnano e Sottocolle, riunendo ancor oggi un numero incredibile di uomini tra la folla dei fedeli. Madonna della Ricostruzione, con pensieri per i valori dell'immaterialità di ogni tornâ a fâ sù, l'appellò nel novembre del 1976 il compianto Arcivescovo mons. Alfredo Battisti, sempre presente in processione tra la gente di queste contrade.
Gli ex voto
La Madonna e i Santi invocati a portare protezione sui lavoratori sono anche i destinatari di quelle singolari e spesso commoventi testimonianze di gratitudine che sono gli ex voto. Fino a non molti decenni fa le chiese del Friuli erano impreziosite, talvolta in zone d’ombra, dalla presenza timida - ma forte di partecipazione religiosa - di tavole dipinte che nel ringraziare la Madonna o i Santi dello scampato pericolo narravano per immagini e con brevi parole gli incidenti occorsi.
Riti laici
Anche nel settore edile esiste una serie di riti e cerimonie che esulano dall’ambito di espressione della religione, e in cui vengono sanciti socialmente momenti di passaggio (nomina di nuove cariche istituzionali nelle organizzazioni, ma anche la conclusione dei lavori nel cantiere, con il già citato licôf), il raggiungimento di traguardi professionali riconosciuti dalla collettività (come l’anzianità di servizio dei lavoratori e delle imprese), o, ancora, anniversari di fondazione (di ditte e organizzazioni). Cerimonie commemorative, eventi conviviali, targhe, diplomi, pubblicazioni ed eventi culturali (come mostre fotografiche) vengono organizzati allo scopo di segnalare l’importanza di tali eventi, segnarne la memoria, celebrarne i protagonisti, siano essi singoli lavoratori o l’intera categoria edile.

Qui di seguito alcune immagini storiche di premiazione da parte della Cassa Edile di lavoratori e imprese per la loro anzianità di servizio nell’edilizia (foto CEMA).
 
Bibliografia

Gri, Gian Paolo 2009, Licôf. Riti, mestieri (e poeti), Udine, Cassa Edile.
Zanier, Leonardo 2009, Licôf, Udine, Cassa Edile.



La Cassa Edile ha prodotto per il Museo un Documentario sull’edilizia friulana dal titolo:

A portata di mano.
Volti, luoghi, storie del mestiere.

Realizzato da Nikam Immagine Video, Udine (2014), a cura di Paolo Comuzzi, Andrea Trangoni, Sabrina Tonutti. Il documentario si articola in una serie di video-interviste a lavoratori, imprenditori edili, insegnanti e Direttori di istituti aventi a che fare con l’edilizia friulana. Le tematiche più salienti affrontate sono: la trasmissione del sapere di mestiere ai giovani; come è cambiato il settore edile nel giro di mezzo secolo; l’emigrazione in edilizia; l’evoluzione tecnologica e normativa; storie personali di mestiere; storia delle fornaci; edilizia idraulica; la lavorazione della pietra; il mosaico; la prefabbricazione; tecniche e materiali in edilizia. Oltre alla video-interviste il documentario propone riprese video realizzate ad hoc e una ricca selezione di materiale filmico/fotografico d’archivio.


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