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“... in tutto il mondo civile il muratore adopera la cazzuola, il martello, il piombo, il livello, il gesso, la calce, il cemento etc. Vi è dunque ragione di credere che la così detta teorica e pratica dei muratori in rapporto alla scienza geologica, parte sostanziale dell’arte muraria stessa, sia pressochè uguale, il che vuol dire che questa numerosa e benemerita classe, in ogni tempo e luogo marciò all’unisono, pioniera di civiltà e progresso, guidata, per questa parte, dalla sola esperienza naturale, dal sentimento di una credenza indefinibile, ma certo suprema e divina! Come supreme, divine ed indefinibili sono pressochè le cose create” (p. 37). Enrico Zironi (Mastro Muratore), Notizie storiche. Usi, costumi, Linguaggi o gerghi dei muratori. Più specialmente nel Bolognese, Bologna, Stabilimento Tipografico Zamorani e Albertazzi, 1892.
 
“Chi costruì Tebe dalle Sette Porte?
Dentro i libri ci sono i nomi dei re.
I re hanno trascinato quei blocchi di pietra?
Babilonia tante volte distrutta,
chi altrettante la riedificò? In quali case
di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori?
Dove andarono i muratori, la sera che terminarono la Grande Muraglia? [...] Bertolt Brecht,
Domande di un lettore operaio
 
Persone, mobili fra più lavori, cantieri e luoghi da cui e verso cui emigrare. Il lavoro, fra pragmaticità e pratiche rituali. Il sapere del costruire, “rubato” osservando e imitando gli “anziani”, o appreso a scuola. Le condizioni di lavoro, dalle norme sulla sicurezza di oggi ai santi protettori e gli ex voto di ieri. Le organizzazioni: confraternite, società operaie, sindacati, associazioni di categoria. Le specializzazioni del sapere edile, in relazione al territorio, e i mestieri “in estinzione”. E il “costruire”, azione e idea produttrice di una catena di metafore e simboli, da cui non solo il senso comune, ma anche il discorso filosofico e l’arte hanno attinto da sempre. Di questo fascino intangibile cercheremo tracce, elementi, prove ed esempi. Il cantiere è aperto.
 
“...la capacità costruttiva della gente del Friuli [trova] riscontro tanto nei manufatti dei luoghi familiari, quanto nel tramandarsi di una “cultura materiale” nel campo dell’edilizia, cui l’emigrazione ha dato, giocoforza e indiscutibilmente, una visibilità in termini di competenza e, spesso, di eccellenza, in altri, lontani, territori costruiti”. “Competenza ed eccellenza si collegano alla varietà delle tecniche costruttive presenti in Friuli, frutto della varietà dei materiali da costruzione a disposizione (terra, legno, laterizio, pietra), il cui uso è testimoniato in tutte le fasi della sua storia. Questa circostanza ha posto le genti friulane nella condizione di poter essere inserite in maniera fattiva nei grandi cantieri (chiese, conventi, edifici di governo, palazzi...), alla presenza di professionalità superiori foreste, con la capacità di acquisirne i modelli, poi ripetuti a regola d’arte”
(Anna Frangipane 2011: 110).
 
Se prestiamo attenzione alle diverse specializzazioni artigianali del Friuli, ci accorgiamo come siano esistiti nell’Ottocento dei percorsi migratori di maestranze in cui a determinate località del Friuli corrispondevano altrettante specializzazioni: i carpentieri in legno della Carnia, i fornaciai della zona di Buja, i mosaicisti e i terrazzieri dei paesi dello Spilimberghese attorno a Sequals (con ciottoli del Tagliamento, del Meduna e del Cellina), gli scalpellini del Cividalese (con la piacentina di Torreano) a cui vanno aggiunti i pittori-decoratori provenienti da Gemona.
 
Il Museo
Perchè l’idea di un Museo che tratti di cantieri, di lavoro, delle specializzazioni del costruire? Questo progetto è frutto del desiderio di documentare una memoria storica, quella della tradizione edile del Friuli, di presentarne, almeno per tratti, la natura complessa e multi sfaccettata.

Cantîrs come progetto, sito e infine Museo, tratta sì di cantieri fisici (ferro e cemento, calce, legno, mattoni...), di tecniche e materiali, di opere, imprese e lavoratori, ma anche, allo stesso tempo, di rimandi evocativi, di elementi simbolici, di relazioni sociali, di riti e pratiche legati alla trasmissione di un sapere che si è costruito, nel tempo, attorno al “costruire”.
Con al centro dell’attenzione le persone, come categoria (“i muratori”, “i costruttori”, “gli operai”, “gli impiegati”, “gli artigiani”, e così via), ma anche, dove possibile, come singoli, nel tentativo di recuperare la dimensione dell’individuo all’interno dell’anonimato che circonda molte azioni, mansioni e fasi del costruire.
Anonimato del Mestiere
Alcuni gesti testimoniano la volontà di lasciare una traccia di sè, memoria del proprio nome, legato a un luogo, al mestiere, a quanto prodotto, o, ancora, a situazioni contingenti quotidiane.
Ne sono prova le numerose tegole scritte che sono state rinvenute e conservate a documentare le attività delle fornaci friulane.
Qui di seguito alcune tegole di Cella di Ovaro:

1. Testo su ceramica:
Io Rotter Valentino go domandato
la licenza del forno da cotto
il 12 aprile 1871 sicchè non
mi ha mai venuto che siamo
li 17 giugno 1871
2. Testo su ceramica:
Giacomo Felice di
Cella li 18 Maggio 1848
fabbricatore di Tegole
3. Testo su ceramica:
Felice Antonio Detto Cont
4. Un altro ambito in cui a contrastare l’anonimato vengono utilizzati segni di riconoscimento è quello degli attrezzi di lavoro, contrassegnati da una marchiatura a fuoco.
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Altrettanto anonimo è il lavoro di quei muratori che non erano tali per professione, ma che si adoperavano ad esercitare l’arte per la costruzione della propria casa. La circolazione delle conoscenze tecniche e la condivisione di pratiche, anche a livello familiare, permettevano alle famiglie di “fare da sole”, spesso, per tirar su la propria abitazione.

L'autocostruzione della casa

Facendo un balzo nel tempo, arrivando nel Friuli del secondo dopoguerra, la forte crescita demografica e la trasformazione della famiglia da patriarcale a nucleare hanno prodotto una grande carenza di alloggi. Mancano case e allora ci si adopera per costruire edifici che ospiteranno le nuove famiglie. Sono pochi quelli che possono ricorrere alle imprese di costruzione, la gran parte della gente farà ricorso all’autocostruzione, che vede impegnati nell’improvvisato lavoro di muratori fratelli, nipoti, parenti e amici (subito pronti i coparis...), i bambini e le donne di casa, spesso le più attive e forti - alla pari dei maschi - nell’aiutare i loro uomini e diventare ottimi manovali!

Leggiamo nella testimonianza di Primo Fabbro, Muini, di come avvenisse un tempo il processo di autocostruzione della sua casa: “Avevo un’abitazione troppo piccola per la mia famiglia, decidemmo quindi di costruirne una nuova, dove si trovava un vecchio fienile. Mia moglie e i miei figli mi aiutavano adibendosi a manovali. Lavoravamo a giorni alterni perchè avevamo anche l’impegno dei lavori di campagna. Tutti i materiali li trasportavamo con i nostri mezzi: una carriola e un mulo. La sabbia la prendevamo dal Tagliamento, ma per trasportare un cubo impiegavamo quasi tutta la giornata. Procuravamo la sabbia anche nella casa di Nigris, nella “braidata” e in una cava a Maiano pagandola cento lire al cubo. Le pietre le racimolavamo dappertutto: dietro all’escavatore che preparava il tracciato per l’acquedotto ne abbiamo recuperate tante. Quando ritornavamo a casa dai lavori di campagna, caricavamo sempre qualche pietra ed anche nelle vecchie scariche di ruderi facevamo delle cernite: costruimmo così una casa di sole pietre. Tutti i miei figli hanno dato una mano: Luciano, apprendista falegname, ha preparto i serramenti, Mario mi ha aiutato nei lavori di muratura, Lea a fare manovalanza. Abbiamo impiegato due anni, sempre lavorando a giorni alterni, per costruire la casa, adattandoci a fare di tutto, dall’idraulico per le prese dell’acqua, all’elettricista per l’impianto elettrico, dalle fondamenta al tetto, dagli intonaci alle pavimentazioni”.
(Testo a cura del Museo della Vita Contadina "Cjase Cocèl” di Fagagna, per la Mostra Muradôrs a Feagne, 2014).

Cantîrs
La parola Cantîrs – che dà il nome al Museo, e che è il termine friulano per “cantiere” – è stata adottata per l’idea di dinamicità che evoca, capace di rappresentare un progetto e un lavoro in fieri. Come già nel cantiere edile, il lavoro di documentazione procede fase dopo fase, allargando la propria planimetria, grazie alle scoperte della ricerca, e aggiungendo un piano all’altro, mano a mano che le informazioni e i documenti vengono raccolti e sistematizzati.
Il Progetto del Museo
L’iniziativa parte dalla constatazione di come il patrimonio di saperi tecnici e memoria storica dell’edilizia risulti sconosciuto non solo al largo pubblico, ma spesso anche agli stessi addetti ai lavori, che della propria storia professionale conoscono gli aspetti più propriamente tecnici e pragmatici, trascurandone però altri (sociali, culturali) non meno importanti. E’ in quest’ottica che i saperi tecnici, le tradizioni locali e i valori mutualistici e sociali dei muratori del territorio meritano di essere documentati e illustrati tramite la raccolta di documenti, memorie, immagini, testimonianze, oggetti con lo scopo di documentare una storia meritevole di essere comunicata, anche e soprattutto alle nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro. La documentazione di una attività produttiva come quella edile richiede la costituzione di una iniziativa permanente di raccolta, valutazione, valorizzazione ed esibizione di vari aspetti di questa cultura di mestiere. Il Museo andrà inteso quindi come:
- luogo fisico di raccolta, conservazione, ed esibizione di contenuti relativi alla cultura di mestiere (aspetti tecnici, economici, sociali, simbolici, ecc.);
- un archivio della memoria, centro di una più vasta operazione di documentazione-studio, dalla catalogazione di beni materiali (fotografie, documenti, strumenti, macchinari, ecc.) e immateriali (interviste, testimonianze), incluse le tipologie di strutture edificate, opere architettoniche, ecc.
- centro di promozione di attività culturali collegate. Una istituzione dinamica, inserita in una rete di archivi, collezioni e altre fonti di conoscenza del settore, in sinergia con altri enti per una mutua attività di supporto e scambio.
Il Progetto è promosso dalla Cassa Edile di Mutualità e Assistenza della Provincia di Udine (www.cassaedileud.it/).
Missione del Museo
Costituzione presso la sede della Cassa Edile della sede fisica e permanente del Museo, a cui si collegheranno sedi decentrate sul territorio; la realizzazione attorno a tale nucleo museale di una serie di iniziative che puntano alla conservazione della memoria storica professionale (tramite raccolta e conservazione di documenti cartacei, foto e video, interviste, oggetti, ecc.), alla comunicazione dei contenuti al fine di operare una valorizzazione dell’immagine del mestiere e di attirare l’attenzione del pubblico verso di esso tramite mostre, pubblicazioni, eventi aperti al pubblico.
L’Edilizia negli Elementi
Tutto ciò che ci circonda è costruzione: lo sono, sì, le case che abitiamo, gli edifici in cui trascorriamo le nostre ore al lavoro, a scuola, in strutture pubbliche o private, civili, industriali, sportive, sanitarie, ma anche lo sono le infrastrutture che ci collegano in una rete ai vari punti del mondo che ci circonda. Sono lì, modificati nel tempo e dal tempo: strade, ponti, gallerie, ferrovie, fin da quando hanno solcato campi d’erba, forato montagne, sfidato acque, altezze, o profondità. Dalle Alpi all’Adriatico, e da Ovest a Est, fino al confine di stato, più volte ridisegnato, e anche oltre questo. Lastricati delle strade di Aquileia, ciottolati cittadini, asfalto drenante dell’autostrada. Parallelismi della ferrovia, moli che si inoltrano nel mare, gole aperte nella montagna. I canali irrigui della Bassa, la “nuova” Lignano degli anni ’60, la ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976, il revival delle abitazioni “tradizionali”. E con essi, legati alle risorse del territorio, e ai saperi che attorno a queste risorse si sono nel tempo sedimentati, specializzazioni del mestiere edile, che si esprimono negli elementi: terra, fuoco e fornaci (tegole, pianelle, mattoni e calce), marna e cementifici, ciottoli e vetro per mosaici e pavimenti a terrazzo, tetti in paglia e tegole in legno, la lavorazione della pietra, acque e bonifiche...



La Cassa Edile ha prodotto per il Museo un Documentario sull’edilizia friulana dal titolo:

A portata di mano.
Volti, luoghi, storie del mestiere.

Realizzato da Nikam Immagine Video, Udine (2014), a cura di Paolo Comuzzi, Andrea Trangoni, Sabrina Tonutti. Il documentario si articola in una serie di video-interviste a lavoratori, imprenditori edili, insegnanti e Direttori di istituti aventi a che fare con l’edilizia friulana. Le tematiche più salienti affrontate sono: la trasmissione del sapere di mestiere ai giovani; come è cambiato il settore edile nel giro di mezzo secolo; l’emigrazione in edilizia; l’evoluzione tecnologica e normativa; storie personali di mestiere; storia delle fornaci; edilizia idraulica; la lavorazione della pietra; il mosaico; la prefabbricazione; tecniche e materiali in edilizia. Oltre alla video-interviste il documentario propone riprese video realizzate ad hoc e una ricca selezione di materiale filmico/fotografico d’archivio.


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